Parla come ARPAL. Le parole del lavoro, della PA e dei servizi digitali

Contratto a tempo indeterminato, Mobbing, Indennità di disoccupazione. E ancora: Determina, Accesso agli atti, SPID. Sono solo alcune delle parole che usiamo ogni giorno. Talvolta comprensibili solo per gli addetti ai lavori, spesso così ambigue o vaghe da generare dubbi e incomprensioni tra le persone e chi opera agli sportelli.

L'esatto contrario di ciò che dovrebbe fare una Pubblica Amministrazione: garantire una comunicazione chiara, usare un linguaggio semplice e raggiungere tutte e tutti.

Parla come ARPAL spiega i diritti, le opportunità e i benefici nascosti tra le lettere dei termini più usati nel Lavoro, della Pubblica Amministrazione e dei servizi digitali. Aiuta le persone a riconoscere il vero significato di parole e concetti che possono apparire indecifrabili, come in un anagramma.

E Parla, guarda caso, è proprio l'anagramma di ARPAL.

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Il Career Day è un evento dedicato all’incontro tra studenti, laureati, persone in cerca di occupazione e rappresentanti del mondo del lavoro, come imprese, enti pubblici, agenzie per il lavoro e associazioni di categoria.

Il Career Day offre ai partecipanti la possibilità di conoscere le opportunità professionali disponibili, consegnare il proprio curriculum, partecipare a colloqui conoscitivi, laboratori, seminari orientativi e presentazioni aziendali.

Favoriscono l’orientamento al lavoro, facilitano l’inserimento professionale dei giovani e creano occasioni concrete di contatto diretto con il mercato del lavoro.

I career day possono essere in presenza o in formato digitale e rappresentano un’importante occasione per valorizzare le competenze personali e sviluppare una rete di contatti utile per il proprio percorso professionale.

Consulta le notizie dell'ARPAL Puglia o dei Centri per l'Impiego per non perdere i Career Day organizzati sul terrotorio.

La Carta d’identità elettronica (CIE) è il documento personale di riconoscimento rilasciato dallo Stato italiano in formato digitale. Sostituisce progressivamente la carta d’identità cartacea e ha le stesse funzioni di identificazione personale, con in più caratteristiche avanzate di sicurezza e la possibilità di accesso ai servizi online della Pubblica Amministrazione.

La CIE è una smart card dotata di microchip che memorizza i dati anagrafici, la fotografia, le impronte digitali e il codice fiscale del titolare. Può essere utilizzata anche come strumento di autenticazione digitale per accedere ai servizi online tramite il sistema di identità digitale (CIE ID).

Il rilascio della CIE avviene su richiesta presso il Comune di residenza o dimora e ha validità variabile in base all’età del titolare. È obbligatoria per tutti i cittadini italiani e stranieri residenti in Italia che ne fanno richiesta.

Approfondisci sul portale dedicato.

La Carta Nazionale dei Servizi (CNS) è un dispositivo elettronico, come una smart card o una chiavetta USB, che contiene un certificato digitale di autenticazione personale. Consente a persone e imprese di accedere in modo sicuro ai servizi online della Pubblica Amministrazione.

La completa corrispondenza informatica tra CNS e Carta d'Identità Elettronica (CIE) assicura l’interoperabilità tra le due carte.

La CNS può essere integrata nella Tessera Sanitaria (TS-CNS), permettendo l'accesso a servizi sanitari e amministrativi, come la consultazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, la prenotazione di visite mediche e l'accesso ai servizi dell'Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL.

Per utilizzare la CNS, è necessario attivarla presso gli sportelli abilitati, richiedendo i codici PIN e PUK, e dotarsi di un lettore di smart card compatibile con il proprio computer.

Approfondisci sul portale dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgID).

La cassa integrazione è una misura di sostegno al reddito rivolta al personale dipendente che si trova in una situazione di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per cause temporanee e non imputabili alla volontà dell’impresa o del lavoratore.

La prestazione consiste in un’integrazione salariale, erogata dall’INPS, che copre parzialmente la perdita di retribuzione per le ore non lavorate. Può essere attivata da imprese in difficoltà produttiva, in ristrutturazione o colpite da eventi eccezionali come crisi di mercato, calamità naturali o emergenze sanitarie.

Esistono diverse tipologie di cassa integrazione, tra cui:

  • Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO): per crisi temporanee legate a fattori esterni o aziendali.
  • Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS): per riorganizzazione, crisi aziendale o cessazione dell’attività.
  • Cassa Integrazione in Deroga (CIGD): introdotta in via eccezionale, ad esempio durante l’emergenza COVID-19, per il personale dipendente di quelle imprese escluse dal ricorso agli strumenti ordinari o che ne abbiano già beneficiato

Per i settori non coperti da CIGO o CIGS sono previsti:

  • Fondi di solidarietà bilaterali: strumenti costituiti da accordi tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative,
  • Fondi di integrazione salariale (FIS): per i settori per i quali non siano stati istituiti specifici Fondi bilaterali di solidarietà.

L’accesso alla cassa integrazione è soggetto a requisiti specifici per l’impresa e il personale, e deve essere autorizzato dall’INPS o dal Ministero del Lavoro a seconda dei casi.

Il Centro per l’impiego (CPI) è l'ufficio pubblico che svolge funzioni di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, offrendo servizi gratuiti a cittadini e imprese. È il punto di riferimento territoriale per le politiche attive del lavoro.

L'istituzione e la funzionalità dei CPI è compito delle Regioni e delle province autonome, che ne disciplinano l’organizzazione e il funzionamento, anche in raccordo con i servizi sociali e altri soggetti del territorio.

Approfondisci sulla scheda dedicata ai Centri per l'Impiego.

Il Collocamento mirato è l’insieme degli strumenti e delle misure che favoriscono l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità e di altre categorie protette, come indicato dalla Legge n. 68 del 12 marzo 1999Norme per il diritto al lavoro dei disabili, tenendo conto delle loro capacità, competenze e condizioni personali.

Si basa su una valutazione individuale e sull’adattamento del posto di lavoro alle esigenze della persona, con il supporto dei servizi territoriali competenti, come i Centri per l’impiego e gli uffici per il collocamento mirato.

Approfondisci sulla scheda dedicata al Collocamento mirato.

Le competenze trasversali, dette anche soft skills, sono abilità personali, relazionali e organizzative che non sono legate a una specifica professione ma risultano fondamentali per lavorare efficacemente in diversi contesti, come la capacità di comunicare o di lavorare in gruppo, la gestione del tempo, la flessibilità, la risoluzione dei problemi (problem solving), la capacità di adattamento, il pensiero critico e la leadership.

A differenza delle competenze tecniche (hard skills), che si acquisiscono con lo studio e la pratica professionale, le competenze trasversali si sviluppano nel tempo attraverso esperienze scolastiche, lavorative e personali, e sono sempre più richieste dalle imprese in fase di selezione del personale.

Sono al centro di molti percorsi di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro, come i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO), i bilanci di competenze e i programmi di politica attiva.

Il contratto a chiamata, o contratto di lavoro intermittente, è una forma di rapporto di lavoro flessibile in cui le persone si rendeono disponibili a svolgere prestazioni su richiesta del datore di lavoro, in modo non continuativo.

Può essere attivato per esigenze temporanee o discontinue, nei limiti previsti dalla legge o dai contratti collettivi. Si può essere chiamati con o senza obbligo di risposta:

  • con obbligo di disponibilità: chi lavora si impegna a rispondere alle chiamate del datore di lavoro e riceve, oltre alla retribuzione per le ore effettivamente lavorate, un’indennità di disponibilità.
  • senza obbligo di disponibilità: chi lavora può accettare o rifiutare la chiamata, senza indennità aggiuntiva.

Il contratto a chiamata è ammesso solo per determinate categorie di lavoratori (ad esempio, persone con meno di 24 o più di 55 anni) e per attività previste dalla normativa o dalla contrattazione collettiva.

Non è consentito:

  • per sostituire personale che esercita il diritto di sciopero;
  • nelle unità produttive che hanno effettuato licenziamenti nei sei mesi precedenti;
  • nelle unità produttive in cui sono in corso sospensioni o riduzioni dell'orario in regime di Cassa integrazione per il personale adibito alle stesse mansioni.

Il contratto a chiamata richiede la forma scritta ed è soggetto a comunicazione obbligatoria ogni volta che viene attivata una prestazione lavorativa.

Il contratto a progetto era una forma di lavoro parasubordinato prevista dall’ordinamento italiano, utilizzata per prestazioni professionali coordinate e continuative legate a uno specifico progetto, programma o fase di esso, con obiettivi definiti e tempi determinati.

Introdotto con il Decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, il contratto a progetto mirava a regolamentare collaborazioni autonome che non rientravano nel lavoro subordinato, ma che presentavano una certa continuità e coordinamento con il committente.

Il contratto doveva contenere, tra le altre cose, la descrizione del progetto, la durata, i compensi e le modalità di svolgimento della prestazione.

Il contratto a progetto è stato abrogato dal Decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, nell’ambito del riordino delle tipologie contrattuali.

Il contratto a tempo determinato è una forma di rapporto di lavoro subordinato in cui la durata è stabilita fin dall’inizio, con una data di inizio e una data di fine. Il lavoratore è assunto per un periodo limitato, al termine del quale il contratto si conclude automaticamente, salvo proroghe o rinnovi nel rispetto dei limiti di legge.

Il contratto può essere stipulato per far fronte a esigenze temporanee dell’impresa, con o senza l’indicazione di una causale. Le causali sono obbligatorie per i contratti superiori ai 12 mesi, mentre fino a tale limite il contratto può essere stipulato liberamente, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi.

È possibile prorogare il contratto fino a un massimo di 24 mesi complessivi, salvo specifiche eccezioni. Superata questa soglia, il rapporto si considera a tempo indeterminato.

Non è possibile utilizzare il contratto a tempo determinato:

  • per sostituire il personale che esercita il diritto allo sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali sono in corso sospensioni o riduzioni dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni che interessino personale adibito alle stesse mansioni;
  • da parte di datori di lavoro che non hanno eseguito la valutazione dei rischi in applicazione della normativa sulla sicurezza dei lavoratori.

Il contratto a tempo determinato deve essere stipulato in forma scritta e indicare espressamente la durata e gli eventuali motivi del termine. Se non vengono rispettate queste condizioni o se viene superato il limite complessivo di 24 mesi, il contratto si trasforma automaticamente in tempo indeterminato.

Il contratto a tempo indeterminato è la forma contrattuale ordinaria del rapporto di lavoro subordinato.

Si caratterizza per l’assenza di un termine finale di durata: il rapporto prosegue fino a quando una delle parti (datore di lavoro o lavoratore/lavoratrice) non decida di interromperlo nel rispetto delle regole previste dalla legge o dai contratti collettivi.

Il contratto può essere a tempo pieno o a tempo parziale, e può includere, all’atto dell’assunzione, un periodo di prova. È utilizzato sia nel settore privato sia in quello pubblico, dove l’accesso avviene tramite concorso.

Rappresenta la modalità di assunzione privilegiata per molte politiche attive e incentivi all’occupazione, in particolare per giovani, disoccupati e categorie svantaggiate.

Il contratto a tempo parziale, o part-time, è un contratto di lavoro subordinato in cui l’orario di lavoro è inferiore rispetto a quello normale previsto dal contratto collettivo applicato (generalmente 40 o 36 ore settimanali).

Può essere articolato in diverse modalità:

  • Part-time orizzontale: la riduzione riguarda l’orario giornaliero (es. 4 ore al giorno invece di 8);
  • Part-time verticale: si lavora a tempo pieno solo in determinati giorni della settimana, settimane o mesi dell’anno;
  • Part-time misto: combinazione di riduzione giornaliera e su base settimanale o mensile.

Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e contenere l’indicazione precisa dell’orario di lavoro. Il lavoratore part-time ha gli stessi diritti e tutele del lavoratore a tempo pieno, proporzionati all’orario effettivo svolto (es. ferie, TFR, contributi).

Il contratto può essere a tempo determinato o indeterminato, e può essere trasformato da tempo pieno a tempo parziale (e viceversa) su richiesta del lavoratore o per accordo tra le parti.

Il contratto a tempo pieno è la forma standard del contratto di lavoro subordinato in cui l’orario di lavoro settimanale corrisponde a quello normale stabilito dalla legge o dal contratto collettivo applicato, generalmente pari a 40 ore (ridotte a 36 in alcuni settori pubblici).

Il lavoro a tempo pieno può essere svolto sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato, e può prevedere articolazioni diverse dell’orario (su 5 o 6 giorni, turni, fasce orarie), purché nel rispetto delle norme su riposi, ferie e salute dei lavoratori.

Il contratto può essere trasformato, su richiesta o per accordo tra le parti, in contratto a tempo parziale, secondo modalità stabilite dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

L’Apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione giovanile. Si articola in tre tipologie:

  • Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore. destinato a giovani tra i 15 e i 25 anni, consente di conseguire uno dei tre titoli di studio in un ambiente di lavoro.
  • Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere. finalizzato ad apprendere un mestiere o a conseguire una qualifica professionale, rivolto:
    • a giovani tra i 18 e i 29 anni;
    • a lavoratrici e lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione (es. NASpI), senza limiti d'età, ai fini della qualificazione o riqualificazione personale;
    • a lavoratrici e lavoratori beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale, senza limiti d'età, come introdotto dalla Legge n. 234 del 30 dicembre 2021, ai fini della qualificazione o riqualificazione personale;
  • Apprendistato di alta formazione e ricerca, rivolto a giovani tra i 18 e i 29 anni, finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori, per attività di ricerca nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.

Approfondisci sulla scheda dedicata all'Attivazione di Tirocini e Apprendistato

Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) è un rapporto di lavoro autonomo caratterizzato da una prestazione personale e continuativa che si svolge in coordinamento con il committente, pur senza vincolo di subordinazione.

La collaborazione deve essere gestita in autonomia dal collaboratore nei tempi e nei modi concordati, ma in raccordo con le esigenze organizzative del committente. A differenza del lavoro subordinato, non è previsto un obbligo di orario fisso né una presenza costante sul luogo di lavoro.

Con il Decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, le collaborazioni esercitate in modalità organizzative tipiche del lavoro subordinato vengono automaticamente considerate rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Le co.co.co. possono essere ancora utilizzate per:

  • collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore;
  • collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  • collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

Il contratto di inserimento era una tipologia contrattuale finalizzata a favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro di persone in condizioni svantaggiate, attraverso un percorso formativo e lavorativo mirato.

Introdotto dal Decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, il contratto di inserimento si applicava a specifiche categorie di lavoratori, tra cui:

  • giovani tra i 18 e i 29 anni;
  • disoccupati di lunga durata;
  • lavoratori e lavoratrici con più di 50 anni di età privi di impiego;
  • persone con disabilità;
  • donne residenti in aree con forte disparità occupazionale.

Il contratto prevedeva un piano individuale di inserimento, concordato tra datore di lavoro e lavoratore, contenente obiettivi formativi e modalità di svolgimento della prestazione.

Dall'1 gennaio 2013, il contratto di inserimento è stato abrogato con la Legge n. 92 del 28 giugno 2012. Le finalità di inclusione lavorativa da esso perseguite sono oggi assorbite da altre misure di politica attiva, come tirocini, contratti di apprendistato, programmi regionali o nazionali.

Il contratto di lavoro accessorio era una forma di lavoro occasionale e di tipo saltuario, introdotta per regolare attività lavorative non riconducibili a un contratto di lavoro tradizionale e che non superavano un certo limite economico annuale.

Il compenso veniva corrisposto tramite voucher (buoni lavoro), che comprendevano anche la contribuzione previdenziale (INPS) e assicurativa (INAIL). Era utilizzabile per attività semplici, stagionali o saltuarie, come piccoli lavori domestici, assistenza a persone, lavori agricoli o attività occasionali in ambito turistico e culturale.

Il lavoro accessorio non determinava l’instaurazione di un vero rapporto di lavoro subordinato e garantiva una forma minima di tutela per il lavoratore.

Il contratto di lavoro accessorio è stato abrogato dal Decreto Legge n. 25 del 17 marzo 2017. Al suo posto sono state introdotte nuove forme contrattuali, come le prestazioni occasionali regolate attraverso il “Libretto Famiglia” e il “Contratto di prestazione occasionale”.

Il contratto di lavoro autonomo è una forma di prestazione lavorativa nella quale una persona, fisica o giuridica, si obbliga a compiere un'opera o un servizio in favore di un committente, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione.

Il lavoratore autonomo organizza liberamente tempi, strumenti e modalità di esecuzione della prestazione, assumendosi il rischio d'impresa e rispondendo in prima persona del risultato.

Tra le principali tipologie di lavoro autonomo rientrano:

  • liberi professionisti (con o senza albo);
  • artigiani e commercianti;
  • collaboratori occasionali o con partita IVA;
  • freelance operanti in diversi settori, anche digitali.

Il contratto di lavoro autonomo non prevede le tutele tipiche del lavoro subordinato (malattia, ferie, TFR), ma può essere regolato da specifiche clausole e norme settoriali. I lavoratori autonomi sono soggetti a obblighi fiscali e previdenziali propri e possono aderire a forme di tutela attraverso casse professionali o la Gestione Separata INPS.

Il contratto di lavoro domestico regola il rapporto tra persone e un datore di lavoro privato. La persona presta attività all’interno dell’ambito familiare, come colf, badanti, baby-sitter, giardinieri o assistenti familiari.

Si tratta di un rapporto di lavoro subordinato, ma con specifiche modalità organizzative e normative definite dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore.

Le principali caratteristiche del lavoro domestico includono:

  • possibilità di assunzione con contratto a tempo determinato o indeterminato, anche a tempo pieno o parziale;
  • contributi previdenziali versati all’INPS con modalità semplificate;
  • diritto a ferie, tredicesima, malattia e maternità;
  • assenza dell’obbligo di redigere il Libro Unico del Lavoro;
  • possibilità di convivere o meno con il datore di lavoro.

Il lavoro domestico può essere svolto anche da cittadini stranieri, purché in possesso di regolare permesso di soggiorno. È previsto l’uso della comunicazione obbligatoria all’INPS all’atto dell’assunzione.

Il contratto di somministrazione di lavoro è una tipologia contrattuale che coinvolge tre soggetti: il lavoratore, l’agenzia per il lavoro (somministratore) e l’azienda utilizzatrice (committente).

Il lavoratore viene assunto dall’agenzia per il lavoro ma svolge la propria attività presso l’azienda utilizzatrice, sotto la direzione e il controllo di quest’ultima. Esistono perciò due distinti rapporti contrattuali:

  • il contratto commerciale di somministrazione tra azienda utilizzatrice e agenzia per il lavoro;
  • il contratto di lavoro tra il lavoratore e l'agenzia che provvede a retribuzione, contributi e tutele.

Il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori è esercitato dall'utilizzatore, mentre il potere disciplinare è riservato al somministratore.

Gli obblighi inerenti ai rischi per la sicurezza e la salute sono a carico del somministratore, salva diversa previsione contrattuale.

La retribuzione viene versata direttamente dal somministratore e rimborsata a questi dall'utilizzatore, oltre agli oneri previdenziali. Anche gli oneri contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi sono a carico del somministratore.

Il contratto può essere:

  • a tempo determinato, per esigenze temporanee o stagionali;
  • a tempo indeterminato (staff leasing), nei limiti previsti dalla legge.

Il ricorso ai contratti di somministrazione è vietato:

  • per sostituire il personale che esercita il diritto allo sciopero;
  • nelle unità produttive dove sono stati effettuati licenziamenti collettivi di personale adibito alle stesse mansioni nei sei mesi precedenti;
  • nelle unità produttive dove sono in corso sospensioni o riduzioni dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni che interessino personale adibito alle stesse mansioni;
  • ai datori di lavoro che non hanno eseguito la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

I crediti formativi sono unità di misura utilizzate per quantificare il carico di apprendimento di un'attività formativa svolta da uno studente, un lavoratore o un partecipante a percorsi di istruzione, formazione o aggiornamento professionale.

Un credito formativo corrisponde generalmente a un numero predefinito di ore di apprendimento, che può includere lezioni, studio individuale, laboratori o attività pratiche.

I crediti possono assumere denominazioni diverse a seconda del contesto:

  • CFU (Crediti Formativi Universitari): utilizzati nel sistema universitario italiano per misurare il carico di lavoro degli studenti;
  • ECM (Educazione Continua in Medicina): usati nel settore sanitario per la formazione obbligatoria degli operatori sanitari;
  • Crediti formativi scolastici: riconosciuti agli studenti delle scuole superiori per attività extrascolastiche coerenti con il percorso educativo;
  • Crediti formativi professionali (CFP): previsti per l’aggiornamento continuo degli iscritti a ordini o collegi professionali (avvocati, ingegneri, ecc.).

I crediti formativi possono essere riconosciuti per l’accesso a esami, per la valutazione in concorsi o per la convalida di competenze in percorsi di formazione professionale.

Il curriculum vitae (CV) è un documento che riassume le esperienze formative, professionali e le competenze di una persona, utile per presentarsi a potenziali datori di lavoro o enti formativi.

Il CV deve essere chiaro, sintetico e aggiornato. Generalmente include:

  • dati anagrafici e recapiti;
  • istruzione e formazione;
  • esperienze lavorative;
  • competenze linguistiche e digitali;
  • ulteriori informazioni utili (interessi, hobby, disponibilità).

Uno dei formati più diffusi è il modello Europass, riconosciuto a livello europeo e utile per candidarsi a offerte di lavoro o tirocini in Europa.

Un buon CV deve essere adattato al contesto e al tipo di candidatura, mettendo in risalto le esperienze e competenze più rilevanti rispetto al profilo ricercato.